La Cassazione, con sentenza n. 4509/2016, stabilisce che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legittimo non solo se risulta ineseguibile l'attività svolta in concreto dal prestatore, ma anche se è esclusa la possibilità dello svolgimento di altra attività riconducibile alle mansioni assegnate o ad altre equivalenti ai sensi dell'art. 2103 c.c., e altresì, in difetto di altre soluzioni, a mansioni inferiori, purchè l'attività sia compatibile con l'idoneità del lavoratore e sia utilizzabile nell'impresa senza mutamenti dell'assetto organizzativo insindacabilmente scelto dall'imprenditore
L'adibizione del lavoratore, con il suo necessario consenso, a mansioni inferiori, neppure configurerebbe una vera dequalificazione, ma solo un adeguamento del contratto alla nuova situazione di fatto, dovendo ritenersi le esigenze di tutela del diritto alla conservazione del posto di lavoro (arti. 4 e 36 Cost.) prevalenti su quelle di salvaguardia della professionalità del lavoratore (art. 2103 c.c., ed anche art. 35 Cost., comma 2).
Quanto al cosiddetto obbligo di "repechage" si è quindi ritenuto che in tanto il consenso del lavoratore potrà essere espresso in quanto il datore di lavoro, in ottemperanza al principio di buona fede nell'esecuzione del contratto, abbia prospettato al lavoratore, ove compatibile con il suo bagaglio professionale specifico e con il nuovo assetto aziendale, la possibilità di un'utilizzazione in mansioni inferiori.
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